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domenica 23 agosto 2009

Software illegale in azienda: chi è responsabile?

Se ai giorni d’oggi, da un controllo della Guardia di Finanza, risultasse un software pirata su di una postazione in uso ad un dipendente, ne risponderebbe l’azienda oppure il dipendente?
Per dare una risposta occorre fare riferimento alla normativa in materia di diritto d’autore, e nello specifico occorre analizzare la Legge 22 aprile 1941, n. 633, dove è espressamente indicata la disciplina relativa alla protezione delle opere d’ingegno di carattere creativo compresi i programmi per elaboratore. In questo caso la duplicazione abusiva di software può essere perseguibile con le stesse pene del reato di truffa o furto nelle rispettive ipotesi non aggravate, senza contare che le sanzioni amministrative comminate congiuntamente a quelle penali, talvolta superano le pene pecuniarie previste per i reati di spaccio internazionale di droga. Con una sentenza la Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità penale del titolare di un’azienda, in cui si erano trovati programmi copiati illegalmente. Nel giugno 2007, il Gup del Tribunale di Lecco aveva condannato un professionista alla pena pecuniaria di 9.400 euro(di cui 5.400 in sostituzione di 4 mesi di reclusione) e questi aveva fatto ricorso alla Suprema Corte. Ma la terza sezione penale ha respinto il ricorso precisando che "la detenzione e l'utilizzo di numerosi programmi software, illecitamente riprodotti, nello studio professionale o presso le aziende, rende manifesta la sussistenza del reato contestato, sotto il profilo oggettivo e soggettivo". Nella sentenza emessa dalla Cassazione penale, III Sezione, 19 giugno 2008 (udienza 8 maggio 2008), n. 2510, si legge espressamente: “La detenzione e l’utilizzo di numerosi programmi software, illecitamente riprodotti, nello studio professionale rende manifesta la sussistenza del reato di cui all’art. 171–bis, comma 1, L. 633/1941, come modificato dalla L. 248/2000 (Duplicazione ed altre azioni illecite su programmi per elaboratore e su banche dati), sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Per la configurabilità del reato in questione non è richiesto, infatti, che la riproduzione dei software sia finalizzata al commercio, né il dolo specifico del fine di lucro, essendo sufficiente il fine del profitto.” In questo caso si è ritenuto perseguibile il titolare dell’attività, ma nel caso di un dipendente? Chi è quindi responsabile? Se una società utilizza software senza possedere la relativa licenza o acquista nuovi PC il cui software precaricato non è originale, possono essere ritenuti responsabili – a seconda delle circostanze:
- i soggetti che abbiano materialmente compiuto la duplicazione (dipendenti, responsabile IT, ecc..)
- i soggetti con poteri direttivi che abbiano partecipato o comunque delegato la duplicazione e/o la detenzione abusiva. E’ comunque sempre consigliabile, per poter capire su chi ricade la responsabilità, che l’azienda sottoponga a mappature le risorse informatiche, ovvero appuntarsi in maniera schematica tutti i programmi installati su ogni singolo computer, per poter verificare nel tempo quali programmi sono in esubero rispetto a quelli forniti in partenza al proprio dipendente.
In tal caso la responsabilità penale risulterebbe essere del dipendente, che evidentemente ovviando alle direttive ed ai controlli dell’azienda, sarà penalmente perseguibile. Per sottrarsi a responsabilità per omissione di controllo, il datore di lavoro dovrà dunque procedere ad attuare un processo di responsabilizzazione degli utilizzatori finali dei programmi(i propri dipendenti), attraverso la diffusione di indicazioni e policy aziendali sulla gestione dei programmi, mediante una campagna di informazione circa i rischi penali connessi all'uso indebito del mezzo informatico o alla riproduzione non autorizzata di software. Anche perché le pene previste in caso di violazione sono pesanti: reclusione da 6 mesi a 3 anni; multa che va dai 2.500 ai 15.500 euro Una maggiore sensibilità da parte dell’azienda sulla gestione e la mappatura delle risorse informatiche eviterebbe sicuramente di incorrere in rischiose condotte penalmente perseguibili in modo anche piuttosto pesante. Grazie alla risonanza mediatica, questo potrebbe agire da deterrente anche per la pirateria ad uso personale del dipendente.

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